Talvolta il verificarsi di strane situazioni o di strani eventi concorrono a motivare certe nostre convinzioni che, una volta messe insieme, ci portano a dover pensare che tutto sommato quello che ci accade non sia poi solamente derivato dalla casualità.
Ultimamente infatti mi sento un po’ come “perseguitato” dai ritrovamenti di apparecchiature musicali realizzate dal noto Don Barbieri, senza che io mi dia particolarmente da fare per ricercare questi avvenimenti.
L’ultimo di questi, in ordine cronologico, è avvenuto in circostanze casuali lo scorso gennaio in occasione di una visita alla ditta SPRAE di Vimercate. (vedi fig. 1)
Gli organari e gli addetti del settore musicale-organario conoscono questa ditta italiana principalmente per la produzione di centralini elettronici che vengono impiegati nella digitalizzazione trasmissiva degli organi a canne.
Da numerosi anni infatti questa ditta, tutta brianzola, si è specializzata nella progettazione e nella costruzione di queste apparecchiature elettroniche che sono state impiegate in diversi e importanti lavori di questo tipo.
Il fondatore di questa ditta artigiano-familiare sig. Giuseppe Rossi (vedi fig. 2) è da moltissimi anni in contatto con il sottoscritto anzi, a dirla tutta, i primi contatti sono avvenuti ancora prima che la SPRAE nascesse e cioè attorno ai primi anni ’80 del secolo scorso.
Gli studi, le esperienze iniziali, i primi contatti con la musica e con il mondo dell’organo.
Mi sembra interessante descrivere brevemente come il nostro Sig. Giuseppe sia entrato in contatto con questo mondo: il mondo organario, poiché in definitiva ha sempre a che fare con il mondo della musica riprodotta in modo automatico.
Il sig. Giuseppe Rossi è nato a Milano nel 1939 ed è stato residente nel capoluogo Lombardo sino al 1975; successivamente si è trasferito con la famiglia in Brianza e precisamente a Vimercate. Da giovane ha frequentato a Milano il famoso Istituto Radiotecnico Beltrame trovando, subito dopo, un posto di lavoro come apprendista riparatore di radio.
Nel frattempo nasce la passione per la tecnologia della radio e iniziano così i primi esperimenti con la costruzione di una radio a galena che aveva visto funzionare qualche anno prima in casa di un suo vicino a Milano in via Kramer.
Con la formazione ricevuta dall’istituto e con la passione per la radio, Giuseppe inizia la sua vera attività lavorativa che l’accompagnerà per tutta la vita. Infatti viene assunto in una fabbrica di radio: la Radio REVAR di Angelo Perucchini che negli anni ’50 aveva i propri laboratori in via Macedonio Melloni, una piccola traversa di Viale Premuda sempre a Milano.
Dopo questa prima partenza Giuseppe Rossi desidera provare un tipo di esperienza più professionale; decide quindi di lasciare la Radio REVAR per essere assunto da un’altra ditta milanese di primordine: la Radio Scientifica che in quel periodo faceva riparazioni radio-televisive; aveva i laboratori in Piazza Grandi, una piazza che si apre su Corso 22 marzo sempre a Milano.
Passa qualche tempo e il nostro Giuseppe Rossi cambia nuovamente società; viene assunto, sempre come radio riparatore, questa volta dalla FAREF attiva sempre a Milano in Corso di Porta Nuova; il titolare di quei tempi si chiamava Fabrizio Fabbris.
Questa ditta, oltre ad occuparsi della vendita di apparecchi radio e di radio-riparazioni, commercializzava delle scatole di montaggio con tutti i componenti necessari per auto-costruirsi un apparecchio radio.
È in questa ultima sede che Giuseppe valuta l’opportunità di mettersi in proprio ma, ha solamente 18 anni ed è ancora un minorenne (a quei tempi la maggiore età si raggiungeva al compimento del ventunesimo anno). Per realizzare questo suo desiderio è costretto ad intestare la ditta che sta aprendo a suo padre, da poco pensionato.
Il laboratorio di radio-riparazioni viene reperito in via Pietro da Cemmo nella zona di Piazza Firenze ovviamente sempre a Milano. Dopo un po’ di tempo, per ingrandire gli spazi a disposizione, affitta nella sua Milano un altro laboratorio in via Porpora al N°140, nella zona di Piazzale Loreto.
In questa sede vi rimane giusto il tempo necessario per accasarsi poiché, dopo il matrimonio, forma una società con un suo amico: Vittorio Bordignon anch’egli operante nel campo delle radio riparazioni come tecnico televisivo alla Dumont.
La nuova società si chiamerà TELENOVAR s.d.f. la cui sede, per avviare l’attività, verrà stabilita di comune accordo sempre in via Porpora, ma verrà trasferita successivamente, mantenendola sempre nel capoluogo lombardo, in via Ronchi al N°31.
In questa sede, che disponeva anche di un negozio, nasce l’idea di commercializzare, oltre alle radio, anche gli strumenti musicali elettronici perché al nostro Giuseppe piaceva la musica a tal punto che si era persino iscritto a una scuola musicale, così, fra una riparazione radio e una riparazione tivù, studiava pianoforte.
L’apprendimento alla scuola di musica dura circa sei mesi perché, dopo varie lezioni, a stretto contatto con l’insegnante, l’alunno Rossi Giuseppe non riesce proprio a suonare con le due mani contemporaneamente, ma solamente utilizzando o la mano destra o la mano sinistra.
Proprio nel momento in cui i due soci decidono finalmente di vendere oltre alle radio, anche gli strumenti musicali, arriva la crisi degli anni ’70 che si fa sentire pesantemente nel campo radio, trascinando con sé anche la vendita degli strumenti musicali.
Questi ultimi accusano quindi un certa flessione in aggiunta a varie difficoltà di pagamento degli acquirenti per gli strumenti acquistati. A questo punto occorre effettuare una breve parentesi per documentare che, poco prima di questa crisi, e cioè sul finire degli anni ’60, si reca nel negozio un certo sig. Costamagna: è un organaro milanese (dalla prima metà degli anni ’70 ha cessato l’attività) che richiede a Giuseppe Rossi di effettuare una riparazione a un organo elettronico a valvole presente in una chiesa in zona Turro sita in Viale Monza, sempre a Milano.
Giuseppe Rossi si reca prontamente sul posto con l’organaro trovandovi un organo elettronico di costruzione americana; la riparazione di questo strumento non è purtroppo possibile a causa della mancanza dei necessari schemi elettrici che non si sa dove siano andati a finire. L’incontro è però positivo perché Costamagna lo invita a visitare la propria bottega situata in un cortile di Viale Monza poco distante dalla chiesa dove si trovavano in quel momento.
In questa bottega Giuseppe Rossi scopre un mondo a lui completamente sconosciuto fatto di strane parti elettriche che venivano costruite in quegli anni ma che parevano fossero realizzate a inizio secolo e comunque mai viste prima.
Si trattava infatti di relè, di contatti e di centralini di natura elettromeccanica tutti costruiti in modo completamente manuale, così come veniva praticato mezzo secolo prima.
A quella visita il nostro Giuseppe riferisce a Costamagna che oramai con la moderna tecnologia era possibile semplificare e modernizzare tutto quel complicatissimo lavorio di contatti e relè, ma Costamagna gli risponde perentorio che “siccome in quel modo non si sono mai rilevati problemi, così bisognava continuare”.
Giuseppe Rossi lascia sorpreso la bottega dell’organaro anche se, da quel giorno, egli stesso vede nascere il suo interesse per l’organo a canne e comincia anche a balenargli per la mente l’idea di come fare per eliminare tutte quelle complicatissime parti elettromeccaniche intuendo la possibilità di convertirle nella moderna e semplice tecnologia elettronica.
Chiudo la breve parentesi, che riporta queste necessarie precisazioni e proseguo con il racconto dal punto dove eravamo giunti prima di aprirla e cioè dalla crisi degli anni ’70.
In questo periodo un parente acquisito viene a sapere che Giuseppe ha poco lavoro e così costui gli riferisce che la multinazionale IBM, dove presta la sua opera, sta cercando tecnici da inserire nella nascente industria informatica del computer per la nuova sede di Vimercate.
Giuseppe Rossi, visto il perdurare del periodo di crisi del settore, riferisce al socio Vittorio Bordignon l’opportunità proposta dallo zio di un nuovo lavoro; la decisione presa di comune accordo sarà quella di chiudere la società TELENOVAR e di seguire il consiglio dello zio.
Infatti, subito dopo la chiusura, vengono assunti entrambi in pianta stabile alla IBM nello stabilimento di Vimercate paese nel quale il nostro Giuseppe si trasferirà in seguito con la famiglia. In questa grande azienda comincia la carriera di Giuseppe Rossi che, per esigenze operative, ha l’opportunità di recarsi prima in Inghilterra e poi in America.
L’idea dell’auto-organo elettronico di Giuseppe Rossi, la nascita della SPRAE e i contatti con la FIRSO
All’IBM ha la fortuna di conoscere un organista: Giuseppe Bredolo che, essendo un suo collega di lavoro, lo invita ad approfondire la conoscenza dell’organo come strumento musicale.
È proprio con Bredolo che Giuseppe Rossi riprende la passione per la musica abbandonata da giovane anzi, proprio perché da giovane non gli riusciva assolutamente di suonare con entrambe le mani, pensa che sarebbe bello progettare un apparecchio elettronico capace di registrare i segnali elettrici provenienti dalla tastiera di un organo a canne, in modo da poterli conservare e di avere quindi la grande opportunità di riprodurre gli stessi segnali registrati quante volte si voleva, ad ogni occorrenza.
In fondo, il suo più grande rammarico era quello di non essere mai riuscito a suonare con due mani il pianoforte, ma avrebbe tanto voluto che ci fosse qualche apparecchio che lo facesse al posto suo!
L’inizio dell’attività lavorativa di Giuseppe Rossi per gli organi a canne è quindi legata alla riproduzione musicale in modo automatico ed è nata dunque da una difficoltà, da un desiderio recondito che quest’uomo ha conservato per tanti anni nei suoi pensieri.
Ora però è giunto il momento di realizzare questo desiderio; si mette subito a progettare una apparecchiatura; dove trova difficoltà tecniche ha la possibilità di chiedere consiglio a valenti ingegneri che lavorano con lui in IBM; per collaudare il marchingegno ha anche il supporto musicale di un organista come Giuseppe Bredolo.
Tramite questo organista, Giuseppe Rossi conosce Balbiani: notissimo organaro milanese di Via Padova che, anche lui come Costamagna e tanti altri, lavora le parti elettriche nello stesso modo: con migliaia di contatti e di relè.
Balbiani era però più propenso a convertire le parti elettromeccaniche in apparecchiature elettroniche e anche Giuseppe Rossi è consapevole da tempo che questo modo di lavorare non può rappresentare il futuro e così pensa di unire le due idee: fabbricare centralini che riproducano segnali elettrici per far suonare gli organi a canne in modo automatico e centralini che, utilizzando la nascente moderna elettronica digitale, eliminassero la costruzione delle costose parti elettromeccaniche impiegate negli stessi organi a canne.
Tutto è quindi maturo per il grande passo; il nostro imprenditore nel 1985 fonda la SPRAE Studio Progettazione Realizzazione Apparecchiature Elettroniche che inizia a produrre centralini elettronici per la memorizzazione delle combinazioni aggiustabili e successivamente la trasformazione della trasmissione elettrica degli organi a canne in trasmissione elettronica, utilizzando la moderna trasmissione digitale.
Uniti ai centralini di trasmissione, alla SPRAE prende forma anche il sogno di Giuseppe Rossi: la realizzazione di una apparecchiatura elettronica in grado di registrare e riprodurre la musica su di un organo a canne in modo automatico.
Dopo questo lungo racconto molti di voi si chiederanno quale nesso vi sia con gli auto-organi di Barbieri; vi posso assicurare che senza il sig. Rossi alcune apparecchiature di questo prete sarebbero certamente andate disperse.
Infatti Giuseppe Rossi, per merito dei suoi centralini di riproduzione automatica, viene in contatto con Don Carlo Bianchi (vedi fig. 3) che, come ho già descritto nei miei precedenti articoli e anche in quelli del nostro socio nonché carissimo amico Giorgio Farabegoli, è il parroco che ha rilevato le ceneri della SABBAEM fondata negli anni ’20 da Don Angelo Barbieri.
Da questo contatto avvenuto a Cantalupo Milanese nel 1994, per avere un parere sulla apparecchiatura elettronica prodotta dalla SPRAE, don Bianchi gli parla della FIRSO (vedi fig.4) che appunto aveva fondato lui stesso molti anni prima; produceva la stessa apparecchiatura di Rossi con il funzionamento dell’epoca e cioè elettropneumatico.
Don Carlo fa anche visitare a Giuseppe Rossi ciò che era rimasto di questa ditta che, sebbene fossero trascorsi alcuni decenni dalla chiusura, aveva ancora nella canonica di Cantalupo tutti i macchinari originali dell’epoca intatti. Nell’incontro don Carlo gli parla anche di Don Adelio Pedelli: (vedi fig. 5 e 6) il valente tecnico della FIRSO che nel ‘94 era il Parroco di Albusciago, una Parrocchia sita nel varesotto dove Giuseppe Rossi si poteva rivolgere per avere informazioni, in quanto don Adelio aveva costruito una apparecchiatura con le stesse caratteristiche.
Con queste informazioni Giuseppe Rossi si reca ad Albusciago da don Pedelli che, con sorpresa, gli richiede di sostituire sull’organo della sua parrocchia l’apparecchiatura costruita da lui con il centralino di registrazione e riproduzione prodotto dalla SPRAE, in quanto molto più versatile di quella costruita dallo stesso Don Adelio.
Durante l’incontro Giuseppe Rossi nota che vi sono in un angolo alcune strane apparecchiature elettropneumatiche; chiede quindi a don Adelio se i vecchi marchingegni gli potessero ancora servire, visto lo stato di abbandono in cui versavano. Don Pedelli gli risponde tranquillamente che, se interessavano a lui, era ben felice che se le portasse via; tanto erano orami inutilizzabili.
Giuseppe Rossi a questo punto carica lo strano materiale e lo porta nella sua ditta a Vimercate dove ha dedicato un piccolo spazio, per tenere in mostra gli apparecchi elettrici, elettropneumatici, elettromeccanici ed elettronici del passato. (vedi fig. 7, 8, 9 e 10)
Gli anni passano velocemente finché nel 2017 i miei fratelli, che sono titolari di una ditta organaria, commissionano a Rossi un centralino elettronico di trasmissione.
L’apparecchiatura servirà per convertire da trasmissione elettrica in trasmissione digitale il Grande Organo a tre manuali della Basilica di Seregno che è in fase di lavorazione.
Arriva così l’occasione per il sottoscritto di rincontrare Giuseppe Rossi, questa volta direttamente presso la SPRAE di Vimercate, per discutere alcune opzioni aggiuntive richieste dalla committenza ai centralini che la stessa SPRAE sta producendo per Seregno. Durante questo incontro ho la possibilità di visionare con calma tutte le vecchie apparecchiature che negli anni Giuseppe Rossi ha accumulato.
In particolare mi incuriosisce una stranissima stazione elettropneumatica (vedi fig. 11 e 12) depositata in un angolo che mi pare essere di Barbieri per le caratteristiche morsettiere che si notano su di un fianco.
Mi avvicino maggiormente riscontrando che le mie supposizioni sono esatte, perché quel tipo di morsettiere sono proprio identiche a quelle utilizzate da Don Angelo Barbieri nelle sue realizzazioni.
Per controllare meglio, ho aperto la parte frontale che è stata costruita sopra a un telaio di ferro munito di cerniere; sicuramente la facilità di apertura è stata pensata per favorire le necessarie operazioni di manutenzione.
Dopo aver effettuato l’apertura sono facilmente visibili tutta una serie di membrane e nelle vicinanze di ognuna di queste quattro contatti fissi.
Sopra ogni membrana è stato montato un legnetto molto sottile sul quale, dal lato anteriore, è stata inserita una barretta tonda di bronzo fosforoso; l’altro lato è incernierato con una pelle; la barretta di bronzo chiude i quattro contatti al gonfiamento della membrana. (vedi fig. 13 e 14)
Osservo ancora meglio la struttura e noto che anche le elettrovalvole poste all’interno della stazione di comando, ben visibili dal vetro di ispezione, (vedi fig. 15) sono identiche alle elettrovalvole conservate nella vetrina che ho a casa e che so per certo appartenere a un auto-organo Barbieri, in quanto smontate dal sottoscritto moltissimi anni fa quando portavo ancora le brache corte.
La mia curiosità a questo punto è incontenibile e perciò chiedo al nostro Giuseppe dove ha mai reperito quello stranissimo complesso elettropneumatico.
A questo punto lo stesso Rossi mi racconta tutta la storia che ho narrato precedentemente ma prima di finire il discorso lo interrompo per riferirgli che quello strano congegno appartiene certamente a Barbieri in quanto le morsettiere, le elettrovalvole e gli stessi fili di collegamento sono identici a quelli che ho conservato in una vetrina presso la mia abitazione; i materiali erano stati smontati da un auto-organo di questo costruttore.
Giuseppe Rossi rimane stupito della certezza di questa mia affermazione e mi chiede “ma è sicuro?!” poiché, mi riferisce subito dopo, “la strana apparecchiatura in questione è stata oggetto di osservazione da parte di decine di organari che sono passati dalla mia azienda ma mai nessuno di loro l’ha riconosciuta come realizzata dalla ditta di Don Angelo Barbieri”.
La mia certezza è però stata confermata da una successiva visita presso la SPRAE con l’elettrovalvola della mia vetrina che, messa a confronto e risultando identica, ha fugato ogni incertezza (vedi fig. 16).
Unico dubbio che rimaneva ancora da sciogliere è a cosa servisse questa strana apparecchiatura della SABBAEM. Dalla disposizione dei contatti presumo che l’impiego sia stato quello di rimando dei segnali elettrici provenienti da un auto-organo e ciò quasi certamente per problematiche legate ai carichi elettrici.
I contatti a pettine anteriori, comandati in blocco dai manticetti che si notano in fig. 11, inserivano invece i registri dell’organo con combinazioni fisse.
Dopo i contatti avuti per questo ritrovamento ho discusso animatamente con Giuseppe Rossi e così sono venuto a conoscenza che Don Carlo Bianchi aveva chiesto al nostro Giuseppe a chi potesse interessare tutto il materiale storico della ditta FIRSO che, come ho anticipato, nel 1994 era ancora miracolosamente presente nella canonica di Cantalupo.
Rossi rispose che, secondo lui, un potenziale interessato sarebbe stato il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano; comunque si sarebbe informato da un suo conoscente che era a quei tempi in contatto con alcuni responsabili del museo milanese.
La successiva risposta non si fece attendere; poco tempo dopo fu notificato che purtroppo in quel periodo non vi erano gli spazi necessari a ospitare tutto quel materiale e quindi l’ente museale si trovava nelle condizioni di dover rifiutare l’offerta.
Meno male che un successivo interessamento da parte del nostro presidente Franco Severi sbloccò la situazione ritirando per il museo dell’AMMI tutto ciò che era rimasto della FIRSO nei locali della canonica di Cantalupo.
Gli auto-organi attuali della SPRAE:
il “Digimatic”, il “Robo-Matic”, il “Midi-Matic” e l’“Unel-Matic”
Dopo tutto questo racconto mi sembra doveroso focalizzare il discorso non solamente sulla storia di ciò che è stato ma fornire anche qualche notizia sulla tecnologia del presente.
In base a quest’ultima considerazione ritengo giusto descrivere brevemente la situazione attuale relativa agli auto-organi e ai centralini di trasmissione digitale, se non altro per far conoscere agli appassionati di riproduzione della musica in modo elettro-automatico quale è attualmente lo stato dell’arte dell’elettronica organaria e quale grande passo abbia compiuto la tecnologia in questi ultimi anni.
Ovviamente parlando di SPRAE prenderemo in considerazione i centralini elettronici prodotti da questa ditta che svolgono la stessa funzione di un normale auto-organo per organi a canne.
Prima di iniziare ad elencare i modelli della produzione attuale desideravo descrivere il primo modello prodotto dalla SPRAE negli anni ’80 (ormai da numerosi anni non più in produzione) che si chiamava Playmatic.
È infatti dal lancio di questo modello che sono stati successivamente progettati e costruiti i modelli seguenti applicando ovviamente la tecnologia digitale.
Nella fotografia di fig. 17 è visibile il pannello di comando della prima apparecchiatura progettata dalla SPRAE utilizzando la tecnologia allora disponibile (utilizzava lo stesso sistema del commodore) e cioè con una normale cassetta audio a nastro magnetico. In seguito questa tecnologia è stata ovviamente abbandonata per i limiti funzionali ai quali era legata; p.es la lentezza nella lettura del campionamento dei dati oppure la limitata possibilità di gestire i brani registrati liberamente.
La versione successiva prende il nome di Digimatic ed è la prima versione dei centralini prodotti dalla SPRAE per l’automazione degli organi a trasmissione elettrica di tipo tradizionale; in altre parole si tratta di una apparecchiatura stile Barbieri, modernizzata con funzionamento completamente elettronico. È composta da un Personal Computer e da un centralino che funge da interfaccia PC-organo (vedi fig. 18 e 19).
Il vantaggio di questo modello è quello di poter utilizzare i brani registrati su di un organo e poterli ripetere su altri organi muniti dello stesso sistema.
I committenti che scelgono di applicare al loro strumento questo apparecchio elettronico sono consapevoli che questo tipo di apparecchiatura è quella che purtroppo implica un maggior lavoro di collegamento organo-centralino, in quanto ogni singolo comando che esce dall’apparato elettronico di automazione deve essere collegato al relativo elettromagnete presente nell’organo, per mezzo di un filo elettrico dedicato.
Infatti, come è noto, gli elettromagneti negli organi, sono presenti a centinaia e quindi risulta evidente che per mettere in funzione questo modello, a differenza di altri modelli prodotti sempre dalla SPRAE, viene richiesto l’impiego di un particolare cablaggio che utilizza dei cavi con numerosi fili elettrici.
Mi sembra quindi inutile ricordare gli ovvi problemi sulle tempistiche di installazione, di ingombro e di collegamento dei cavi (come segnalato) e, in ultima analisi, come punto dolente, il relativo aumento dei costi di posa in opera.
Mi preme inoltre segnalare che la scelta di questo modello è però tante volte obbligata dall’impossibilità di rifacimento delle parti elettriche negli organi storici a trasmissione elettrica tutelati dalla Soprintendenza come pure dall’oneroso costo di un rifacimento totale dei collegamenti consolle-organo in organi già esistenti che funzionano ancora con la trasmissione elettrica tradizionale.
Nel caso invece di un rifacimento totale della parte elettromeccanica di consolle di questi strumenti, e quindi dei relativi collegamenti elettrici organo-consolle, conviene utilizzare il modello a trasmissione digitale seriale Unel (che descriveremo in seguito) poiché implica dei vantaggi non indifferenti, in quanto il collegamento consolle-organo viene attuato con linea seriale, utilizzando un piccolo cavetto schermato con soli quattro fili.
Il “Robo-Matic” è un ulteriore modello di auto-organo simile nel principio di funzionamento al “Digimatic” con la differenza che come parte di collegamento con l’organo ha una serie di elettromagneti spingi-tasto (vedi fig. 20 – 21) e una serie di motoriduttori tira-registro (interfacce elettromeccaniche) (vedi fig. 22 – 23).
Il sistema è composto da un Pc e da un centralino elettronico per l’interfaccia con l’organo a canne a trasmissione meccanica.
Esiste un’altra versione chiamata “Robotic-System” che permette di suonare in modo remoto l’organo meccanico da una consolle elettrica separata quando lo stesso organo a canne è collocato in una posizione angusta o difficile da raggiungere.
Questo modello non è ovviamente un auto-organo ma è un sistema di comando a distanza di un organo a trasmissione meccanica.
Come abbiamo visto più specificatamente dalle immagini, il tutto si compone quindi di un Pc e di un centralino elettronico sostanzialmente identici a quelli di fig. 18 – 19 che comandano gli attuatori tradizionali di tipo elettromeccanico e attivano conseguentemente i tasti e i registri.
Questo modello, il “Robo-Matic”, è quindi un auto-organo elettronico che è stato appositamente progettato e viene quasi esclusivamente utilizzato per essere applicato in organi a canne antichi con trasmissione meccanica; naturalmente è possibile applicarlo anche alla tastiera di organi meccanici moderni.
Il “Midi-Matic” è una apparecchiatura elettronica che viene esclusivamente applicata a un organo elettronico (senza canne) e permette a quest’ultimo di disporre di un auto-organo controllato da un personal computer.
Il sistema sfrutta i segnali digitali codificati con lo standard internazionale Midi che vengono interfacciati con l’organo elettronico per mezzo di una appropriata scheda elettronica; anche con questo sistema, così come avveniva un tempo per gli auto-organi a rulli, è possibile disporre di brani organistici già registrati adatti per tutti gli usi, liturgici, concertistici ecc,ecc.
Così come avviene per il Digimatic e per il Robo-Matic l’apparecchiatura è composta complessivamente da un Pc e da un centralino già mostrati in fig. 18 – 19 ai quali è stata aggiunta la scheda di fig. 24.
L’Unel è l’attuale evoluzione dei prodotti della SPRAE adatta ad essere applicata nella gestione trasmissiva elettronico-digitale di organi a canne, dove la trasmissione consolle-somieri non avviene più utilizzando centinaia di fili elettrici, ma impiegando il sistema cosiddetto “monocavo” che consta di soli 4 conduttori e schermo.
Infatti il centralino Unel risulta molto versatile poiché è stato principalmente progettato per convertire la vecchia, obsoleta e laboriosa trasmissione elettrica di tipo multicavo degli organi a canne in un moderno sistema elettronico digitale monocavo; ovviamente l’apparecchiatura può venire applicata anche in organi a canne di nuova costruzione.
Anche a questo centralino è possibile collegare un auto-organo, chiamato Unel-Matic con gli stessi componenti già visti (Pc e scheda Unel-Matic) ma a differenza del sistema Digimatic, dove il collegamento con l’organo prevede l’utilizzo di centinaia di conduttori, il sistema Unel-Matic funziona collegando la consolle e l’organo per mezzo di una linea seriale.
Il sistema di trasmissione con linea seriale è composto, come ho già accennato, da un normale cavetto con quattro conduttori, dotato di schermo, il cui diametro è minore rispetto a quello di una comune penna (circa un terzo). (vedi fig. 25)
In consolle avremo perciò una apparecchiatura elettronica chiamata Trasmettitore in grado di raccoglie tutti i segnali elettrici provenienti dalle tastiere, dalla pedaliera, dai registri e dai vari accessori.
Nel trasmettitore è presente un sistema elettronico a scansione che, lavorando in alta frequenza, codifica e aggiorna in modo praticamente istantaneo l’attivazione di ogni comando avvenuto in consolle inviandolo contemporaneamente attraverso il cavo seriale.
All’altro capo del cavo, cioè all’interno dell’organo, è collegato un centralino Ricevitore (vedi fig. 26) detto anche Decodificatore che provvede a leggere tutte le informazioni provenienti dal cavo seriale.
Queste informazioni vengono successivamente convertite in comandi elettrici e conseguentemente inviate a ogni elettromagnete corrispettivo presente nell’organo.
Così, se in consolle verrà premuto un tasto, nel corpo d’organo suonerà il tasto corrispettivo, se verrà attivato un registro, nel corpo d’organo verrà attivato lo stesso registro e così via il tutto con un piccolo cavetto….semplice no?
Con il sistema Unel bisogna inoltre tenere in considerazione che si ha il grande vantaggio di eliminare tutta le complessa, delicata e costosa componentistica elettromeccanica che, dalla nascita dell’organo a trasmissione elettrica, ha occupato ogni spazio disponibile in consolle. (vedi fig. 27).
Ovviamente spiegato in questo modo, il tutto risulta estremamente semplice ma bisogna tenere presente che questa apparente semplicità è il risultato di una lunga e difficile evoluzione tecnologica, durata molti anni nei quali l’uomo, con il suo ingegno, ne è ancora il principale protagonista (vedi fig. 28).
L’articolo è stato pubblicata sulla rivista Antico Organetto anno 19 n°2 agosto 2017 e n°3 dicembre 2017. Per ingrandire le pagine clicca sopra l’immagine.