Correva l’anno 1981 (Vedi fig.1) quando iniziò la storia di questa radio; a quei tempi avevo 17 anni ed ero un ragazzo che oramai si stava avviando verso il mondo del lavoro. Per questo motivo, mi interessava molto la tecnologia e l’elettronica ma, a differenza dei miei amici, che armeggiavano con transistor e integrati di varia natura, io ero particolarmente affascinato, proprio come oggi, dai circuiti a valvole.
Desideravo iniziare la costruzione di un radio ricevitore, naturalmente a valvole, impiegando del materiale proveniente da alcuni telai che avevo pazientemente smontato, recuperando tutti i componenti. Non mi sentivo però pronto per una simile realizzazione e così pensai di partire dai principi basilari della radiotecnica, applicandoli praticamente con la costruzione di una radio a galena.
Infatti, qualche tempo prima dell’81, ricordo di avere costruito un’antenna a telaio (che durante gli anni è andata dispersa) e una semplice piccola radio a galena, (Vedi fig.2) (la data di costruzione -1979- è scritta a penna sul fondo) con la sola differenza che, invece di impiegare questo ultimo minerale, (la galena) avevo utilizzato un diodo al cristallo di germanio (OA95). Le “prove” di ascolto con questa radio si erano protratte per un po’ di tempo, ottenendo dei risultati abbastanza soddisfacenti, soprattutto verso sera. Ricordo ancora oggi l’incredulità dei miei amici quando dicevo loro di avere costruito una radio che funzionava senza corrente e senza batterie! Tanti mi avevano preso per matto ma, quando dimostrai a qualcuno di loro che dal “macinino” realizzato si sentivano davvero i segnali radio, senza utilizzare nessuna alimentazione, allora iniziarono a rivolgermi un sacco di domande su come questo fosse possibile.
Il primo passo era quindi stato compiuto; ora dovevo ricercare un semplice schema che mi permettesse di realizzare la mia prima radio a valvole. Dai pochi libri che avevo allora a disposizione non ero riuscito a reperire uno schema con radio valvolari e al mio microscopico paese natio (Bernate, Brianza) non esisteva nemmeno una libreria. Così, a bordo della mia bicicletta, decisi di recarmi in una libreria del settore, che oggi non esiste più, ma che, ai tempi, era sita nelle vicinanze dell’Arengario di Monza. In quella libreria visionai vari libri sino a quando, consultando il libro della Hoepli “Primo avviamento alla conoscenza della radio”, trovai lo schema ricercato (Vedi fig.3); così, dopo aver acquistato il libretto, ritornai felice a casa.
Nelle giornate seguenti i lavori meccanici per la costruzione della radio ad una valvola, che mi ero prefissato di costruire, procedevano alacremente. I componenti necessari erano già stati abbondantemente trovati nel materiale di risulta di alcuni precedenti smontaggi e inoltre non avevo neanche bisogno di reperire lo speciale trasformatore con il secondario A.T. poiché, come si vede nello schema scelto per la realizzazione dell’apparecchio, viene impiegata una valvola “speciale” che risulta essere la 12AC6. Questa valvola infatti era stata appositamente progettata per funzionare con una bassissima tensione anodica (12V) e, per merito di questa caratteristica, veniva impiegata per realizzare le autoradio di allora, permettendo in questo modo di eliminare il complesso e ingombrante alimentatore survoltore (Vibratore), fonte di noiosissimi problemi. L’insuccesso e la mancata diffusione di queste valvole fu dovuto all’avvento della cosiddetta “valvola fredda” e cioè all’invenzione del transistor che, come sappiamo, venne massicciamente impiegato dalle industrie radiotecniche. Così, impiegando per questa radio una sola valvola dalle caratteristiche appena accennate, ho potuto usare, sia per l’alimentazione del filamento che per la tensione anodica, un comune trasformatore da campanelli. Dalla lista dei componenti il condensatore variabile è da 350 pf. Ma, in questo caso, risulta recuperato dai telai di cui sopra; idem anche per la comune bobina di sintonia-reazione. A proposito di questa ultima bobina (L3), c’è una precisazione da fare e cioè che normalmente gli avvolgimenti presenti su queste bobine sono solo due, il terzo avvolgimento, quello della reazione, va aggiunto; esso è formato da cinque spire da avvolgere attorno al nucleo, utilizzando del filo di rame smaltato da 0,3mm (Vedi fig.4). Sempre osservando lo schema, si nota che un capo di questa ultima bobina è collegata al catodo della valvola, per cui la reazione avviene proprio attraverso questo elettrodo. L’altro capo della stessa bobina è invece collegato alla resistenza variabile da 1000 Ohm che provvede ad effettuare, per quanto possibile, un controllo sulla reazione.
Una volta ultimato il montaggio (Vedi fig.5, fig.6 e fig.7) ho provveduto a verificare se la radio costruita funzionasse o meno, ma ricordo ancora oggi che, purtroppo, durante la prova dell’apparecchio i risultati non erano stati molto soddisfacenti e avevo quindi riposto in un angolo la mia auto-costruzione, in attesa di avere un po’ di tempo da dedicare per sperimentare qualche modifica in grado di rendere l’apparecchio più funzionale. In definitiva, credo che proprio per questo motivo (mancanza di tempo) l’apparecchio si sia salvato dalla distruzione, perché le modifiche che dovevo attuare sono state sempre rinviate al giorno seguente.
Così, rinvio dopo rinvio, siamo arrivati all’inizio del 2015 e vi assicuro che, guardando ai tempi passati, non sembra neanche vero che siano già trascorsi 34 anni dalla costruzione della mia prima radio a valvole, poiché oggi, animato dallo stesso spirito di allora, mi sono ritrovato, senza accorgermene, a scrivere di questa radio e di alcune modifiche che, per sorte o per fortuna, durante tutti questi anni non ho mai effettuato.
L’articolo pubblicato sulla rivista A.I.R.E n° 3 – 2015 (clicca per ingrandire)