Figura 1 – Il carica accumulatori descritto nell’articolo a lavori di restauro ultimati.
In questo articolo tratterò il restauro di un carica accumulatori (che sono erroneamente confusi con le batterie) per organi a canne (Vedi Fig.1) davvero molto particolare e anche molto raro. Anticipo da subito che l’apparecchio mi è stato ceduto da un carissimo amico nonché organaro modenese; sicuramente molti di voi lo conosceranno; la persona a cui mi sto riferendo è Alessandro Giacobazzi (Vedi Fig.2).
L’anello di congiunzione fra l’arte organaria del passato e l’arte organaria del presente.
I fenomeni elettrici e la storia dell’elettricità sono da sempre stati una mia grande passione che tutt’ora prosegue con un sempre maggiore interesse rivolto a questo campo tecnologico.
Parallelamente alla citata passione elettrica convive con lo stesso interesse e lo stesso ardore l’altra mia grande passione: quella per gli organi a canne.
Mio padre e tutta la mia famiglia sono infatti dediti da sempre a quest’arte tecnologico-musicale le cui conoscenze tecnico-pratiche provengono per una considerevole parte, dalla secolare ditta Aletti di Monza in cui mio padre Alessandro Corno (22 agosto 1926 – 19 marzo 2017) vi ha lavorato. (Vedi Fig.1)
Figura 1 – Alessandro Corno al lavoro nel suo laboratorio verso gli anni ’80 del secolo scorso.
Molti di voi si chiederanno quale nesso abbiano l’elettricità con gli organi a canne. Vi posso assicurare che se avrete la pazienza e l’interesse di leggere questa mia ricerca storica ve ne renderete conto personalmente.
La ditta Fratelli Aletti di Monza nacque nel lontano 1849 e, non riuscendosi a risollevare dopo il secondo conflitto mondiale, chiuse i battenti alla fine di Dicembre del 1947 dopo quasi un secolo di attività. (Vedi Fig.2 e Fig.3)
Per gentile interessamento del Prof. Giorgio Farabegoli e con la cortese autorizzazione del Presidente AMMI Sig. Franco Severi nonché dell’autrice Sig.ra Giulia Garompolo, pubblico con piacere questo singolare articolo che descrive l’organo idraulico di Villa d’Este a Roma. Ritengo infatti che lo strumento e la particolarità dell’argomento siano poco conosciuti e quindi estremamente interessanti per i musicisti e per gli appassionati.
A fine pagina troverete la scansione dell’omonimo articolo che è stato pubblicato sul N°2/2019 della rivista “L’antico Organetto” edita dall’ Associazione Italiana di Musica Meccanica (AMMI).
Rivolgo i miei personali ringraziamenti alla Sig.ra Giulia Garompolo e agli amici Franco Severi e Giorgio Farabegoli.
Serafino Corno
Figura 1 – Sullo sfondo l’organo di villa d’Este a Tivoli (RM)
Tutto questo scritto e la conseguente ricerca storica sono partiti da una piccola boccetta in vetro datata 1939 (Vedi Fig.1) rinvenuta in una scatola fra il materiale storico-tecnologico di Enrico Aletti che i figli Giovanni e Angela mi consegnarono nell’oramai nota donazione effettuata nel 2009/2010.
Figura 1 – La bottiglietta del 1939 con il liquido di Laukhuff per saldare le canne
Il titolo di questo breve articolo descrive già abbastanza chiaramente il risultato molto positivo ottenuto durante la visita effettuata dai ragazzi della II°M del liceo scientifico musicale G.B. Grassi di Lecco presso la ditta dell’amico Luca Scotti nonché presso il Museo di Arte Organaria di Crema.
La visita a questi siti è stata possibile tramite l’interessamento del sottoscritto e per merito dell’impegno prestato dell’organista Flavia Crotta, docente di musica degli studenti, in seno alle attività “scuola-lavoro” previste dall’attuale normativa scolastica.
La giornata ha coinvolto i ragazzi con una prima visita al Museo di Organaria di Crema, unico museo in Italia dedicato a questa tematica, dove il direttore Sebastiano Guerini ha fatto direttamente da cicerone spiegando con semplici esempi pratici come funziona un organo a canne.