Auto-organo Barbieri di Arcore, una storia particolare e una registrazione incredibile

Auto-organo Barbieri e organo di Arcore: le storiche registrazioni dei primi anni ’60. L’organo della parrocchia di S.Eustorgio di Arcore, costruito nel 1945 dalla F.lli Aletti di Monza, suonato da auto-organo Barbieri.

[Le tracce delle sei registrazioni esistenti. I file si possono scaricare in fondo alla pagina]

La mia fervente passione per la storia e la tecnologia d’epoca non è nata da particolari avvenimenti intercorsi nella mia vita, ma mi ha accompagnato sin da quando ero giovincello. A quei tempi il computer, come lo conosciamo noi oggi, “era ancora di là da venire” e l’unica tecnologia elettronica, con una nutrita storia alle spalle, era il mondo della radio.

Quel misterioso apparecchio di casa, allora a valvole, suscitava in me curiosità e allo stesso tempo un enorme mistero; come era possibile che quell’apparecchio parlasse senza che nessun collegamento fisico con l’origine dei suoni fosse presente?

Cominciai a leggere libri sulle invenzioni e sugli inventori del nostro passato tecnologico ma più leggevo e più mi affascinava la storia e la vita di Guglielmo Marconi. Arrivato a questo punto mi decisi, finalmente, di leggere qualche libro che spiegasse a grandi linee il funzionamento di quello strano e misterioso apparecchio radio.

Figura 1. Foto del radiotecnico Egidio Calloni
Figura 1. Il valente radiotecnico Egidio Calloni (I2CAP).

Leggendo le spiegazioni elementari, compresi finalmente il funzionamento dell’apparecchio radio, spingendomi anche a quello funzionante col sistema a supereterodina; c’erano di mezzo i “battimenti”, che conoscevo molto bene, perché me li aveva spiegati mio padre organaro: sono infatti il principio fondamentale sul quale si basa l’accordatura che già praticavo sotto la sua supervisione.

A questo punto della mia vita, come fosse un destino, salta in ballo l’Egidio Calloni: un radiotecnico molto in gamba del mio paese che era naturalmente, come tutt’ora, anche radioamatore col nominativo I2CAP (Figura 1).

Dico questo perché in quel periodo, con mio padre, stavo lavorando presso una parrocchia alla conversione in elettrico di un organo pneumatico. Un giorno, nel cumulo di rottami raccolti dai volontari per la parrocchia, scorgo una bella radio a valvole che fa capolino da un angolo e pare mi chiami. Chiedo al sacrestano se potevo salvarla dalla distruzione, pagando ovviamente il dovuto, ma il diligente ometto mi risponde che per queste cose dovevo chiedere al Parroco.

“Va bene”, risposi, “quando verrà il Parroco chiederò a lui”, e mi diressi nuovamente in chiesa per proseguire i lavori all’organo. Fortuna vuole che, dopo appena qualche minuto, venne in chiesa il Parroco a controllare la prosecuzione dei lavori all’organo della parrocchia; cogliendo l’occasione, posi al prelato la stessa domanda che pochi minuti prima avevo rivolto al sacrestano. La sua risposta bonaria fu: “Ma certo, se ti piace e la desideri, prendila pure; non voglio niente!”

La radio era una Geloso di fine anni ’30, completamente priva di valvole; non sapevo di quale tipo fossero, perché mancava lo schienale con lo schema elettrico e comunque la situazione non cambiava perché, anche se avessi saputo di che tipo fossero, non avrei proprio saputo dove andarle a reperire! A dirla tutta, mancava anche l’altoparlante, ma quello era il minore dei mali; uno simile l’avevo già a casa, inoltre non me la sentivo di fermarmi a quello, che allora ritenevo essere una grande difficoltà, perché la mia volontà di rimettere in funzione l’apparecchio era determinante.

Dopo tutte queste necessarie anticipazioni, entra finalmente in scena l’Egidio, che, come ho precedentemente accennato, era conosciuto in tutto il paese per la sua bravura di radioriparatore. La sera del giorno seguente a quello in cui avevo portato a casa la radio, mi feci coraggio e andai a fargli visita presso la sua abitazione con l’apparecchio sotto il braccio. Spiegai un po’ quale era la mia situazione.

Lui capì subito la mia passione per la tecnologia storica, mi portò nel locale dove aveva i suoi apparecchi ricetrasmittenti e mi mostrò qualche collegamento radio che fece con radioamatori come lui, distanti migliaia di chilometri dalla stanza dove eravamo. Oggi con internet tutto questo è diventato normale e non si fa più caso a cosa bisognava fare qualche anno fa per “contattare” le persone nel mondo; non scorderò mai la meraviglia e lo stupore che mi pervase quel giorno.

Dopo una lunga chiacchierata, mi diede le valvole dell’apparecchio in regalo (conosceva sia il tipo, come anche la posizione nella radio di ciascuna di esse, a memoria!). Successivamente a quel primo incontro, ritornai numerose volte dal carissimo Egidio Calloni che, con santa pazienza, mi aiutò sempre molto volentieri con la sua competenza nel comprendere come funzionava qualche particolare apparecchio. Gli anni passano e gli impegni della vita anche; motivi questi che ci hanno purtroppo distanziati per parecchio tempo, ma, anche se ci siamo persi di vista, non ho mai dimenticato chi mi ha aiutato.

L’occasione di incontralo nuovamente, e finalmente di sdebitarmi, è nata dalla recente pubblicazione del mio libro, che a lui ho voluto donare e consegnare di persona, in memoria della nostra bella amicizia durata così tanti anni. In seguito a questo incontro comincia la storia della “registrazione particolare” perché, dopo qualche tempo, un bel giorno suona il mio telefono; è l’Egidio, mi ringrazia e mi fa i complimenti per la ricerca storica del mio libro.

Stiamo al telefono per un po’ e prima di salutare mi dice che anche lui ha avuto a che fare con un auto-organo, e che ha conosciuto Don Barbieri che io ho descritto nel mio libro a proposito degli elettromagneti Aletti e dell’associazione AMMI di Villa Silvia di Cesena. In quel momento, dopo avere intrapreso una lunga chiacchierata, non mi sono chiesto come mai lui avesse conosciuto il noto titolare della SABBAEM (Società Anonima Brevetti Barbieri per Applicazioni Elettro Musicali) di Milano e, lì per lì, ho lasciato cadere il discorso per lo scambio dei doverosi saluti.

Qualche giorno dopo, rimuginando il discorso telefonico intrattenuto con il caro Egidio, mi è ritornato alla mente l’accenno fatto su Don Barbieri, ponendomi questa volta la domanda su come possa essere avvenuto l’incontro. Ritelefono quindi al nostro radiotecnico e gli pongo la domanda che mi ero posto qualche minuto prima.

Mi riferì che aveva conosciuto Don Barbieri in occasione dell’installazione di un suo auto-organo presso l’organo della chiesa parrocchiale di Arcore (suo paese natale), che ora purtroppo non esiste più, perché una quindicina di anni fa è stato demolito. Io lo informai che quell’organo era stato costruito dalla ditta Fratelli Aletti di Monza nel periodo tra il 1945/46 ed era allora stato pagato dal Comm. Gilera, il titolare della famosa fabbrica di motociclette (Figura 2).

Figura 2. Scansione di uno stralcio del quaderno che riporta parte dell’elenco con i lavori effettuati dalla ditta Aletti nel periodo 1945-46. Da questa scansione è possibile osservare che l’organo di Arcore è stato costruito con il numero di serie 596, su commissione del Comm. Gilera.
Figura 2. Scansione di uno stralcio del quaderno che riporta parte dell’elenco con i lavori effettuati dalla ditta Aletti nel periodo 1945-46. Da questa scansione è possibile osservare che l’organo di Arcore è stato costruito con il numero di serie 596, su commissione del Comm. Gilera.

Lui mi rispose, “Sì, è vero che l’organo non esiste più, ma io ho ancora a disposizione una registrazione dei primi anni ‘60 dell’organo di Arcore, suonato con l’auto-organo, che avevo fatto all’epoca, quando Don Barbieri aveva appena ultimato la riparazione di alcuni inconvenienti del lettore a rulli” (rivelatosi poi in seguito il modello “Musicus”).

Nell’udire quanto mi stava riferendo, rimasi senza parole ma, ripresomi subito, capii al volo che la notizia era veramente sensazionale e chiesi con quali mezzi avesse registrato quei brani, visto che a quell’epoca ben poche persone disponevano dell’attrezzatura necessaria.

Lui mi rispose che la registrazione era stata effettuata con un registratore professionale a bobine da 7 pollici della Telefunken a valvole (Figure 3 e 4), che teneva ancora in soffitta e che, sebbene fosse trascorso oltre mezzo secolo, era certo che la registrazione fosse ancora perfetta!

Figura 3. Il registratore a valvole modello 85KL della Telefunken
Figura 3. Il registratore a valvole modello 85KL della Telefunken, utilizzato dall’Egidio per la registrazione eseguita sull’organo Aletti di Arcore con l’auto-organo “Musicus” di Don Barbieri.
Figura 4. Il microfono originale “Riem” Cardioide.
Figura 4. Il microfono originale “Riem” Cardioide, con il quale è stata effettuata la registrazione.

Telefonicamente mi illustrò anche le caratteristiche tecniche di questo registratore che, per controllare il livello di registrazione, era dotato del famoso “occhio magico” (Figura 5), una speciale valvola termoionica che, tramite la proiezione di un settore luminoso sulla superficie laterale o sulla cupola, permette la rappresentazione visiva dell’intensità del segnale elettrico.

A questo punto non ne potevo più di parlare al telefono, mi interessava sapere cosa, come, quando e perché della vicenda, e chiesi un appuntamento urgente per poterne parlare direttamente con lui. Nel frattempo l’Egidio si sarebbe attivato nella ricerca della bobina e del registratore. Informai telefonicamente dei fatti il nostro caro Prof. Giorgio Farabegoli, conosciuto dalla gran parte dei soci AMMI come ricercatore e studioso di Don Barbieri.

Figura 5. La luce verde dell' “occhio magico”.
Figura 5. In primo piano possiamo osservare la luce verde semicircolare dell’ “occhio magico”.

Il caro Professore, ultrafelice della notizia, mi rispose che avrebbe ricercato nell’archivio, presente a Villa Silvia, se vi fosse qualche documento che poteva fornire notizie utili sull’auto-organo di Arcore. Infatti, qualche giorno prima dell’appuntamento con l’Egidio, il Prof. Farabegoli mi invia la documentazione che ha reperito in archivio riferita all’organo di Arcore, in modo da avere sotto mano qualche data e qualche riferimento storico.

Lo stesso Prof. Farabegoli dice di appurare bene l’effettivo incontro dell’Egidio con Don Barbieri, visto che quest’ultimo è venuto a mancare nel 1950. Finalmente arriva il fatidico giorno dell’appuntamento, in cui, con mia figlia Greta, mi reco a casa del protagonista di questa “epica vicenda”: l’Egidio Calloni. Mia figlia Greta era indispensabile in questa fase, per effettuare il video con l’intervista al nostro radiotecnico, in modo da poter rivedere e riascoltare la sua storia, riportandola successivamente in questo articolo.

Prima di iniziare l’intervista informo l’Egidio che Don Barbieri è morto nel 1950, e quindi il prete che aveva conosciuto e che aveva effettuato la riparazione al lettore a rulli di Arcore era probabilmente uno dei due prelati (Il Parroco di Cantalupo Don Carlo Bianchi e il coadiutore Don Adelio Pedelli) titolari della FIRSO, Fabbrica Italiana Rulli Sonori Organo, ditta nata dalle ceneri della SABBAEM.

In particolare, forse lui aveva incontrato Don Pedelli, che era un radiotecnico come lui e che quindi curava tutti questi interventi tecnici di riparazione. Egidio, infatti, mi riferisce che allora aveva effettivamente conosciuto un prete addetto alla riparazione di questi apparecchi, e che aveva presunto perciò che si trattasse di Don Barbieri. Appurata questa discrepanza, posso iniziare l’intervista chiedendo al paziente Egidio Calloni come sia entrato in contatto con i lavori di installazione dell’auto-organo.

Il Parroco di Arcore, Don Carlo Giussani, doveva rinnovare l’impianto di illuminazione della chiesa e per la mia “esperienza elettrica” ero diventato un po’ il suo braccio destro quando in parrocchia si trattava di effettuare lavori di questo genere. Ricordo, a tale proposito, che il lungo cavo di trasmissione che collegava l’organo all’auto-organo era stato da me posato in collaborazione con la FIRSO e attraversava tutta la volta della chiesa.

Comunque un giorno ci recammo a Saronno, dove lui era stato precedentemente parroco, per visionare i lavori di rifacimento dell’illuminazione del santuario che lo stesso don Giussani aveva recentemente commissionato e ultimato.

Senza nessun preavviso, sulla strada del ritorno, Don Carlo Giussani mi disse: “Visto che siamo già in zona andiamo a fare una visita alla FIRSO di Cantalupo, perché avrei intenzione di mettere l’auto-organo all’organo della chiesa, in quanto vorrei avere una certa sicurezza di poter suonare l’organo nelle funzioni importanti anche quando l’organista, per vari motivi, non può essere disponibile”.

Proseguo con la seconda domanda: “Quindi caro Egidio è in quella occasione che hai potuto visitare la FIRSO?”

“Sì, è proprio in quella occasione che sono capitato nella piccola azienda della FIRSO, anche se non ero molto entusiasta, perché pensavo fosse una cosa non corretta mettere in chiesa una macchina che suonasse da sola. Invece, vedendolo in funzione presso di loro, ho cambiato parere, perché mi sono accorto che comunque era necessaria una persona che seguisse chi cantava, adeguando la “macchina musicale” al canto dei fedeli.

“Forse la mia fortuna”, prosegue l’Egidio, “è stata quella di essere capitato in un momento nel quale il maestro organista stava incidendo la musica sui rulli e mi sono fermato ad ascoltare, perché a me piace molto il suono dell’organo”.

Interrompo per un attimo il discorso, per chiedere all’intervistato se si ricordasse come era strutturata la FIRSO, nel senso di macchinari, strumenti ecc.

“Purtroppo ricordo solamente di essere entrato in questo ambiente, forse un sottotetto, dove c’erano alcuni strani macchinari collegati a una tastiera; un maestro stava suonando e io mi sono fermato volentieri ad ascoltare”.

Chiedo allora a Egidio se si ricorda di avere visto qualcuno al lavoro.

“No, al lavoro non c’era nessuno; i presenti erano solamente due: l’organista e un prete. Quest’ultimo ci informò che l’organista stava suonando e che stavano registrando un rullo.

Nessun’altra persona era presente, perché forse quella, pensandoci bene, era adibita a sala di registrazione, ma non ricordo altri particolari”. “Forse”, chiedo ad Egidio, “quella strana macchina, era l’autoperforatore di Don Barbieri?”.

“Senz’altro”, risponde l’Egidio, “perché, quando siamo entrati, l’organista non ha smesso di suonare ma ha proseguito il brano sino a completare l’incisione del rullo perforato”.

Pongo la terza domanda a Egidio. “Conclusa la “vicenda” FIRSO, quando ti sei ricordato di avere la registrazione dell’organo Aletti suonato con l’auto-organo di Don Barbieri?”.

“Come ho già detto, il suono dell’organo mi piace molto e ogni tanto ascoltavo questi brani musicali. La registrazione invece l’ho fatta perché l’organo è sempre stata per me una grande passione e l’aver registrato questi brani sul mio registratore, che a quell’epoca era il migliore sul mercato per le normali disponibilità finanziarie, mi permetteva di poter riascoltare l’organo del mio paese!

Il mio unico intento, durante tutti questi anni, è stato infatti quello di tenere in vita questo registratore per conservare sempre la possibilità di riascoltare queste e altre registrazioni che avevo fatto più di mezzo secolo fa.

Ho, per esempio, anche la registrazione, della stessa epoca, dell’organo della chiesa di San Giovanni Battista a Sotto il Monte, il paese natale di Papa Giovanni XXIII.

Ricordo che qualche tempo fa mi sono ritrovato con il registratore guasto, perché il motore di trascinamento delle bobine si era bruciato. Ovviamente il ricambio non esiste più e così, pur di farlo funzionare, ho lavorato non poco per adattare un altro motore completamente diverso, ma alla fine ce l’ho fatta e così sono riuscito a riascoltare la mia musica preferita!”.

L’ultima domanda che faccio all’Egidio è quella di esporre una sua libera considerazione su questo fatto che lo ha coinvolto in prima persona.

“Sono rimasto molto contento”, risponde lui, “che questa particolarità sia stata utile per te, perché è servita a ricostruire un pezzo di storia sconosciuta; anche mio figlio Mario, che non ha mai sentito questa musica, quando ha avuto modo di ascoltarla per la prima volta, è rimasto molto colpito e si è subito offerto, con i suoi apparecchi professionali, per convertire il formato analogico delle bobine in formato digitale su CD (Figure 6 e 7)”.

Figura 6. Il padre Egidio Calloni con il figlio Mario durante la fase di conversione dei brani musicali.
Figura 6. Il padre Egidio con il figlio Mario durante la fase di conversione dei brani musicali da sistema analogico a sistema digitale. Con il loro supporto tecnico hanno permesso di recuperare un pezzo storico di notevole importanza. Sul tavolo di legno, in posizione centrale, si nota il registratore con le bobine da 7” che conservano ancora, dopo più di mezzo secolo, i brani originali.
Figura 7. Mario Calloni nella paziente fase di equalizzazione e pulizia digitale del suono con apposito software dedicato.
Figura 7. La paziente fase di equalizzazione e pulizia digitale del suono con apposito software dedicato. Mario Calloni ha intelligentemente utilizzato la tecnologia digitale con l’obiettivo principale di conservare il suono nelle condizioni originali.

“Certo”, rispondo io, “ringrazio infinitamente sia te che lui, perché anche il suo impegno è stato molto prezioso per salvaguardare questi brani così datati che, allo stato attuale della conoscenza, sono gli unici di Don Barbieri di quell’epoca esistenti in Italia.

Figura 8. Serafino Corno con Egidio e Mario Calloni
Figura 8. I tre amici protagonisti del felice ritrovamento e recupero storico.

I lettori interessanti ad ascoltare questa importante testimonianza musicale possono scaricare ed ascoltare i 6 brani originali registrati da Egidio Calloni, e mirabilmente digitalizzati dal figlio Mario Calloni, su Google Drive.


L’articolo è stato pubblicato su L’antico organetto, periodico dell’Associazione Musica Meccanica Italiana, anno 18 N. 3, dicembre 2016. Per ingrandire le pagine clicca sopra l’immagine.


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